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Pratica Bioenergetica

di Annica Cerino

Mettersi sul sentiero della pratica Bioenergetica vuol dire fare un percorso spirituale attraverso il corpo.  Significa iniziare un processo di scoperta della propria interiorità attraverso l’esteriorità. Per esteriorità, qui intendo  il comportamento, le relazioni con gli altri, l’amore o il dis-amore verso noi stessi, l’ambiente circostante, il rapporto con il nostro corpo.


Il corpo ci racconta la vita di una persona, la nostra vita, se ci sappiamo ascoltare ci racconta come viviamo attualmente, ci racconta come una persona ricerca il piacere e come si difende dal dolore, ci dice quali sono le restrizioni alle quali ha dovuto adattarsi, in passato, per essere socialmente accettato. Ci racconta sulla base di quali principi si è affermato e come ha trovato il suo spazio nel mondo.

 

È un percorso di introspezione impegnativo e serio nella misura in cui  intendiamo realmente metterci in cammino, affrontare le nostre paure, i nostri limiti, il nostro passato che spesso abbiamo difficoltà a lasciare andare, rimanendo intrappolati in un recinto di sentimenti, che da lontano nel tempo, ci logorano dentro.

 

Sta diventando un’abitudine comune e sempre più frequente la convinzione che saltellare da un sito all’altro, da una pagina facebook ad un’altra e rimpinzarsi di frasi ad effetto, seppur belle e di autorevoli autori, possa dare una conoscenza di come funzioniamo. Questo accumulo di nozioni fatue quanto vacue nel suo uso, possono al limite dare una larvata idea di quello potrebbe essere il panorama dell’animo umano. Ad accompagnare questo comportamento bulimico, c’è la lettura forsennata e superficiale di libri, la frequentazione sporadica e allo stesso tempo frenetico alle più disparate discipline olistiche, si passa dalla serata 

 

Yoga, alla danza orientale, dalla serata Vipassana,  al tango olistico o alla pratica bioenergetica, senza mai realmente intraprendere un percorso che ci porti a connetterci con noi. Che ci porti ad ascoltarci.

 

Alcune di queste discipline ora citate, sono percorsi iniziatici che richiedono coraggio, impegno, costanza, pazienza e volontà. Non velleità, se realmente si vuole fare un viaggio. Un viaggio dentro di noi. Un viaggio che potrebbe farci scoprire nuovi orizzonti.

Illusoriamente, invece, ci si convince che più si fa meglio è e si sposta fuori la ricerca alle nostre domande.

 

Noto, sempre più di frequente, che alcune persone, iniziano un corso di conoscenza personale di qualsiasi filosofia o orientamento e si aspettano già al primo incontro delle risposte al loro disagio esistenziale. Annaspando aria, chiedono una risposta esaustiva quanto immediata a spiegare l’ampio panorama di malessere e di sofferenza che si è stratificato in anni di vita. Nemmeno il terapeuta più qualificato può soddisfare una simile richiesta. Non funziona così!

 

Il percorso che ci riporta a casa può essere lungo e durare degli anni. Forse tutta la vita.

Ma senza tema di smentita, affermo che è il percorso la cosa più importante e l’aspirazione reale di voler raggiungere quella dimora che abita dentro di noi. La cosa importante è intraprendere il sentiero sapendo che è lungo, e intraprenderlo come farebbe un pellegrino che inizia  a camminare, spostandosi da un luogo all’altro, esplorando il paesaggio in ogni sua dimensione, guardando e conoscendo tutto ciò che incontra, con apertura verso il nuovo, accogliendo  con spirito avventuroso le novità che si trovano sulla strada ed equipaggiato solo di curiosità, perseveranza, volontà e fede. Sì fede.

 

La parola fede, qui usata, vuole esularsi da qualsiasi appartenenza religiosa. Si riferisce alla ferma convinzione che si va verso la propria verità e che tutto ciò che incontriamo, in quel momento, è la nostra verità di quel momento.

 

Alla base  di questa ricerca, dunque, esiste un paradosso: colui che cerca, il soggetto, è l’oggetto che si propone di conoscere ed esaminare. È tutt’altro che facile vedere e conoscere ciò che è così vicino a noi, un proverbio buddista dice < L’occhio non vede la propria pupilla>.Per superare il paradosso si può creare una relazione più autentica con la nostra corporeità, che con il tempo e la dedizione ci svelerà la vera natura di cui siamo fatti.

 

Non è qualcosa che può essere appresa attraverso concetti e definizioni, non può essere fatto attraverso la teoria, bisogna ricorrere all’esperienza.

La pratica bioenergetica non è fare esercizi ginnici per sfogare questo o  quel sentimento, quantomeno non si riduce solo a questo, sebbene l’espressività abbia la sua importanza.

 

“La Bioenergetica è anche una forma di terapia che associa il lavoro sul corpo con quello sulla mente per aiutare le persone a risolvere i propri problemi emotivi e realizzare in misura più ampia il proprio potenziale di provare piacere e gioia di vivere”(Lowen - Espansione e integrazione del corpo in Bioenergetica-Astrolabio).  La realizzazione del “proprio potenziale di provare piacere e gioia di vivere” è già dentro di noi, non va acquistata al supermercato olistico.

 

La pratica  Bioenergetica attraverso un processo di introspezione mira a ritrovare un contatto con il nostro centro con la mediazione corporea.

 

Il  contatto con il nostro corpo, quotidianamente, viene disturbato come in una linea telefonica dalle interferenze, dalle illusioni di ognuno. Le illusioni che ognuno di noi vive e porta con sé incastonate nel corpo. 

 

Quella moltitudine di maschere che si avvicendano molto al di sotto della mente conscia, nella nostra vita sono come diversi stati vitali che alimentano l’illusione di ciò crediamo di essere.

 

Oltre alle illusioni he ci siamo costruiti diligentemente in tutti questi anni, ciò che rallenta od ostacola il raggiungimento della nostra natura più autentica sono le illusioni generate nella società attuale: i “falsi miti”, le false sicurezze, la falsa felicità.

 

Proprio quel mondo di falsi bisogni sul quale la società attuale con i suoi pubblicitari ha fatto la sua ricchezza e il suo capitale, ha  fomentato dei finti bisogni,  attraverso anche la svalutazione  della coscienza e attraverso l’invito subdolo ad allontanarsi da sé. Creando il disagio: dis-adiacens, quindi ansia, senso di smarrimento, crisi di identità, stress, depressione. 

 

La pratica Bioenergetica, attraverso un lavoro di decondizionamento corporeo e, per declinazione, mentale e  favorendo un migliore ascolto delle nostre sensazioni e delle emozioni, si pone il fine di avvicinarci ai bisogni più veri, lontani dagli orpelli della mondanità. L’ascolto del nostro corpo ci aiuta a raggiungere una maggiore consapevolezza di ciò che siamo, di ciò che vogliamo e  di ciò che sentiamo, nel corpo e nella mente.

 

Perché “PRATICA BIOENERGETICA”?

Per sviluppare una capacità è necessaria la pratica. Per acquisire dei risultati ci vuole impegno.

Soprattutto quando parliamo di ascolto di sé. La pratica Bioenergetica  è un praticare se stessi, ogni giorno, costantemente, nel tentativo di arrivare a sentire quella che è la vera voce del nostro corpo non inquinata dal rumore esterno e dalle distrazioni interiori.

 

Gli “esercizi” di Bioenergetica sono particolarmente efficaci se svolti regolarmente: come in tutte le discipline, si tratti di suonare la chitarra o di voler imparare una nuova lingua, un fattore essenziale, se si vuol far succedere qualcosa, è la pratica.

 

Lo sviluppo che consegue dalla pratica corporea è di solito graduale.

 

Quando iniziamo a fare gli esercizi di Bioenergetica, non è raro che ci aspettiamo subito grandi trasformazioni, oppure ci aspettiamo il miracolo che una qualche magia illumini il nostro corpo dal di dentro. Siamo fin troppo abituati ad avere la risposta immediata con un clic o a sbarazzarci dei nostri disagi con una pillola o con altri rimedi chimici, che alle prime esperienze col nostro corpo, potremmo sentire solo la delusione.

In un primo momento è più comune che non accada nulla di apparentemente importante: magari non riusciamo neppure a seguire le indicazioni che ci vengono date, ci distraiamo seguendo il filo del nostro rumore interiore, oppure ci blocchiamo, oppure diventiamo irrequieti perché non vediamo risultati o non ne capiamo il senso.

 

E’ bene aggiungere, che gli esercizi di Bioenergetica non vanno capiti, ma semplicemente sentiti, cercando di cogliere la sensazione che il corpo rimanda e l’emozione che sta emergendo in quell’istante.

Né la sensazione, né l’emozione va pensata, ma solo sentita. Se la pensiamo siamo lontani dal corpo, siamo nel pensiero, nell’astrazione, nella mente e nel pensarlo la stiamo portando fuori dal corpo. La stiamo oggettivando.

 

E’ solo dopo qualche tempo che ci rendiamo conto che stanno  avvenendo dei cambiamenti: prima che emergano risultati di una certa importanza, il nostro corpo, che presenta strette analogie con l’inconscio, deve elaborare gli stimoli a cui è esposto. È un’elaborazione che si compie nel profondo, nel misero. Col tempo.

 

Per questa ragione abbiamo bisogno di perseverare, abbiamo bisogno di restituire al corpo il tempo che si merita, e non di seguire i ritmi ossessivamente frenetici di un mondo lontano dalla dimensione umana.

 

Durante la pratica, potrebbe capitare di pensare che dopo tutto, la pratica Bioenergetica, non è così importante come ci era sembrata prima e forse a questo punto potremmo chiederci se non fosse meglio scegliere un altro modo per esplorare i panorami sconosciuti del nostro corpo e per declinazione della nostra psiche. E invece è proprio questo il momento per continuare a praticare: l’impressione di essere entrati in vicolo cieco è illusoria e paradossalmente viene prima di un cambiamento, di un intuizione, di una finestra che improvvisamente si apre dandoci nuovi aspetti di noi stessi.

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