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Bioenergetica, arrendersi per vincere
Arrendersi per vincere
Nei cinquant'anni durante i quali ho esercitato la professione di analista bioenergetico ho assistito a dei cambiamenti importanti nel tipo di problemi presentati dai miei pazienti. La separazione si è aggravata.
La gente è sempre meno in contatto con il proprio corpo a livello di sentimenti e vive sempre
più nella testa. I corpi sembrano e sono più morti e in molti casi molto più sformati di quanto
abbia mai visto prima. Ma questo cambiamento nella vitalità del corpo non è limitato solo ai miei pazienti. La gente in generale mostra una simile perdita di vitalità nel corpo evidenziata dalla diffusa condizione di sovrappeso di molte persone, dalla perdita di grazia dei movimenti e dalla mancanza di luce nell'espressione del viso. La gente è più attiva, fa più cose, viaggia di più, ma questa iperattività rappresenta in molti casi l'antidoto alla depressione. In terapia la lamentela dominante è che manca qualcosa che dia senso alla vita. I pazienti hanno la sensazione di non essere realizzati in amore, nelle relazioni o nel lavoro. Sopravvivono, questo è l'unico senso che ha la loro vita.
Sopravvivere di per sé non dà senso alla vita e così molte persone ne sono alla costante ricerca in attività esoteriche di vario genere. Altri cercano un senso nella scalata al successo o nell'acquisizione di potere e ricchezza. Ma queste sono ricerche di tipo narcisistico, che non toccano la profonda sensazione interiore di vacuità. Quelli che falliscono in queste occupazioni narcisistiche sono in realtà avvantaggiati, perché sono costretti a guardarsi dentro per trovare la causa della loro insoddisfazione.
Ma questa ricerca interiore è paurosa e dolorosa. È necessaria la guida di uno psicoterapeuta
esperto e competente per avventurarsi nelle profondità dell'animo moderno, dove giacciono
morte e disperazione. Evitiamo di sentire la disperazione e di affrontare la paura della morte vivendo in superficie, come vuole lo schema narcisistico. Coloro che entrano in terapia sperano che il terapeuta possa aiutarli a migliorare il proprio comportamento conscio in modo da avere maggior successo. Pochi sono preparati ad affrontare le cause sottostanti alla propria angoscia.
L'altra faccia di questo quadro è rappresentata dalle persone con una personalità borderline, che sono in contatto con i sentimenti di morte e di angoscia ma non sono in grado di dissociarsi da essi per funzionare efficacemente in superficie. Sono borderline perché il loro Io non ha accumulato abbastanza forza per sopprimere il dolore e l'angoscia. Nel loro caso, a mio parere, gli eventi traumatici che hanno spezzato l'unità della loro personalità sono avvenuti prima dei tre anni di età, mentre nella vera personalità narcisistica i traumi dannosi si sono verificati più tardi, tra i tre e i sei anni di età.
Questo è il periodo edipico, quando viene definita l'identità sessuale, in contrasto con il periodo precedente che è prevalentemente orale. Quindi, la personalità borderline lotta con i sentimenti di bisogno e impotenza. L'individuo narcisista, d'altro canto, nega il suo bisogno e compensa l'impotenza con la seduzione e la manipolazione. Parlando in generale, descriverei i narcisisti come coloro che agiscono efficacemente ma senza sentimento, in contrasto con i borderline tra i quali troviamo coloro che sono in contatto con il sentimento ma non sono in grado di integrarlo in un'azione affettiva. In entrambi i casi, la separazione si verifica tra l'Io, con il suo controllo del sistema muscolare volontario, e il corpo interiore e i sentimenti profondi, che potremmo definire come sentimenti del cuore o sentimenti viscerali.
Ritrovare il contatto con il "nostro bambino"
In un bambino il dolore da 'cuore spezzato' è molto intenso e terrificante, perché viene vissuto come una minaccia alla propria vita. Un bambino che ha vissuto il rifiuto da parte di un genitore si chiude all'amore per autodifesa. Seppellisce il suo desiderio di amore così come il dolore per il rifiuto. Lo fa sopprimendo l'impulso a piangere, che è l'espressione primaria di un bambino che viene ferito.
Sopprimere il dolore di essere rifiutato e il pianto, che invece lo libererebbe, isola e imprigiona il bambino per proteggerlo contro l'eventualità di un futuro analogo disastro. La soppressione crea l'angoscia profonda di non riuscire mai a trovare il vero amore e la gioia dell'appagamento. La separazione nella personalità moderna può anche essere descritta come la perdita di connessione tra l'adulto sofisticato che vive sulla superficie dominata dai processi di pensiero e il bambino sepolto in lui, che prova sentimenti profondi e reca il potenziale per una vita ricca e soddisfacente. John Bradshaw parla del bisogno dell'uomo moderno di entrare in contatto con il bambino interiore.
Per trattare la separazione è necessaria una resa dell'Io narcisistico e il coraggio di sentire la disperazione, il dolore e il profondo desiderio d'amore. Non si tratta solo di semplici parole (che sono il linguaggio dell'Io), ma di profondi sentimenti corporei (che sono il linguaggio dell'anima). Il paziente ha bisogno di piangere, di singhiozzare profondamente, di sentire che cosa gli è accaduto e di urlare la sua protesta. Il suono è la modalità espressiva del nostro tubo interno, così come il movimento e l'azione sono la modalità espressiva del nostro tubo esterno. Poche persone nella nostra cultura sono in grado di piangere in maniera sufficientemente profonda, vale a dire dalla pancia, o abbastanza a lungo da lasciar andare il dolore e liberarsi dalla disperazione. Di solito ci vogliono diversi anni di lavoro sul corpo per ridurne le tensioni croniche e aumentarne l'energia così che la persona possa avere la forza e la capacità di scendere nelle profondità del suo essere per trovare l'anima.
Il caso di Jack
Vorrei concludere presentando il caso di un uomo che è entrato in terapia con me quest'anno. Ha gentilmente acconsentito di venire a questa conferenza, così posso dimostrarvi come lavoro per risanare la separazione nella personalità moderna.
Jack Marshal è un uomo di quarantatré anni che era venuto a consultarmi perché sentiva che la sua vita era vuota. Non si è mai sposato e aveva avuto solo una storia d'amore relativamente breve. Si guadagnava da vivere giocando in borsa e aveva un discreto successo nella sua attività. Fisicamente era di statura media ma visibilmente in sovrappeso. A parte l'eccesso di peso, non aveva lamentele circa le sue condizioni fisiche. Sembrava affabile e di solito sfoggiava un sorriso. Jack era venuto da me perché sentiva che il suo problema era collegato con l'assenza di vitalità del corpo. Era consapevole di avere poche sensazioni corporee e di vivere in gran parte nella testa. Nel corso degli anni aveva provato la psicoterapia con vari analisti, senza alcun effetto sul suo stato emotivo. Leggendo i miei libri si era convinto che il suo problema richiedeva un approccio fisico che avesse delle basi psicoanalitiche. Jack era stato in sovrappeso anche da bambino e da ragazzo ma non al punto in cui si trovava quando venne a consultarmi. Mi raccontò che circa dieci anni prima aveva avuto un'intensa relazione sessuale che si interruppe, dopo qualche mese, quando la sua amante lo lasciò. Descrisse quel periodo come il più doloroso della sua vita e disse che ogni sera piangeva quando andava a dormire.
Quando gli chiesi se esisteva una connessione tra la perdita dell'amore e il suo aumento di peso, sorrise e disse "Sì". Ingrassare era stato il suo modo per non consentire al suo corpo di sentire il tremendo dolore della perdita. In effetti, era sopravvissuto a questa esperienza imbalsamandola nel suo pesante corpo. Ci sarebbe voluto del coraggio per restituire la vita a quel corpo, perché ciò significava che egli avrebbe dovuto rivivere il dolore del suo amore perduto, ma Jack sentiva di non avere alternative.
Non tutte le persone che provano dolore per un amore perduto anestetizzano il corpo aumentando di peso come meccanismo di difesa. Jack era condizionato a questa difesa dagli eventi della sua infanzia. Era figlio unico e suo padre era assente sul piano emotivo, mentre sua madre era eccessivamente presente. Sua madre sfogava su Jack la frustrazione e il bisogno di contatto che le mancavano nella relazione con il marito. Come raccontò Jack: "Mi stava sempre addosso, parlandomi in continuazione, sproloquiando senza sosta al punto che non la sopportavo più". Ma dato che non poteva andarsene, questo lo faceva diventare matto.
Gli suggerii che forse aveva evitato tale destino "costruendo un'armatura", cioè facendo morire la parte esteriore del corpo in modo che la madre non potesse raggiungerlo. Questa armatura comporta una tensione dei muscoli del tubo esterno in modo da non reagire e quindi da non sentire. Per aiutare Jack a superare tale problema, il suo corpo avrebbe dovuto diventare più vivo e sviluppare una maggiore capacità di sentire. Non era sufficiente per lui capire perché aveva sviluppato il suo problema, era necessario che il suo corpo diventasse più vivo.
Due esercizi per tornare a vivere
Io uso due esercizi di base per raggiungere questo scopo. Il primo consiste nel respirare mentre ci si trova stesi sulla schiena sul cavalletto bioenergetico. È faticoso e a volte doloroso, ma costringe il paziente a respirare. Man mano che si introduce una maggiore quantità di ossigeno nel corpo, la sua energia aumenta. In questa posizione, l'emissione con la voce di un suono continuato rende il respiro più profondo e può portare al pianto, che è un'emozione liberatoria. Quando il paziente inverte la posizione piegandosi in avanti nella postura di grounding, nelle gambe si sviluppano vibrazioni man mano che vengono percorse da ondate di energia o di eccitazione. L'attività vibratoria del corpo è una diretta manifestazione della sua vitalità. Una persona sana è viva in modo vibrante. Il paziente sente il suo corpo nella misura in cui questo vibra.
È un'esperienza molto positiva e i pazienti raccontano che dopo si percepiscono in modo diverso e più intenso. Effettivamente si sentono di più.
Ho usato regolarmente questo esercizio con Jack e ogni volta Jack mi diceva di sentirsi più vivo. Naturalmente, allo stesso tempo parlavamo della sua vita e del suo problema.
L'altro esercizio consiste nello scalciare. Ci si stende su un materassino e lo si colpisce con le gambe tese. Scalciare significa protestare e Jack aveva molto da scalciare in termini di affetti nocivi legati alla sua infanzia. Nella terapia combino lo scalciare con espressioni verbali di protesta come: "Perché?", "Lasciami stare", "Mi stai facendo impazzire". L'uso della voce mentre si scalcia mobilita il tubo interno e integra i movimenti con il suono. Questo aiuta a superare la divisione tra gli aspetti interiori e quelli esteriori della personalità. Quando Jack per la prima volta mi descrisse come si sentiva tormentato quando sua madre continuava a parlargli, gli proposi l'esercizio seguente.
Gli feci prendere in mano un asciugamano, che poi doveva torcere con forza gridando nel contempo: "Stai zitta. Mi stai facendo impazzire". L'esercizio ebbe un effetto positivo su Jack, anche se le emozioni che provò non furono molto intense. Per Jack la cosa aveva senso e dopo si sentì più vivo.
L'emozione più importante con cui lavora questa terapia è il pianto. Per Jack fu molto difficile arrivare a piangere singhiozzando. Questa difficoltà nasceva da due fonti. A un livello egoico il pianto significava fallimento, impotenza e la resa a sua madre. Nel profondo lui era ancora il bambino che aveva bisogno di resisterle. Avendo raggiunto l'indipendenza e l'età adulta non voleva rinunciare alla sua posizione di forza. Fisicamente non poteva piangere. La tensione per trattenere le lacrime sin dall'infanzia era troppo grande. Aveva perso il controllo del corpo. Nella terapia con me voleva piangere, ma non poteva. Questa situazione lentamente migliorò tramite il lavoro sul corpo.
Arrendersi per vincere
Un'altra grossa sfida stava nel mobilitare la capacità di Jack a esprimere la rabbia. Gli facevo picchiare regolarmente il materassino durante le sessioni e lo incoraggiavo a ripetere lo stesso esercizio a casa. Aveva bisogno di sentire la sua rabbia in modo da poter sperimentare la sua potenza come uomo. La sua impotenza come maschio, sia dal punto di vista emotivo che sessuale, era il motivo sottostante al fallimento delle sue relazioni con le donne. Fu un lavoro lento, ma Jack era ben consapevole di non avere altra scelta. Riconosceva che non c'era altro modo. Ci sarebbe voluto molto tempo ma Jack intuiva, grazie alle fugaci apparizioni di buone sensazioni, che la ricompensa era sicura. La mia evoluzione mi ha portato a capire che se ci arrendessimo al corpo, questo guarirebbe da solo.
Arrendersi al corpo significa sentirlo completamente dalla testa ai piedi. Significa sentire tutte le tensioni muscolari croniche nel corpo, capire la loro storia e la loro funzione nel presente. Significa sentire il proprio dolore, la tristezza e il pianto. Significa essere capaci di protestare per la perdita di innocenza e di gioia e la capacità di essere arrabbiati per questo. Infine, significa accettare il fallimento di tutti gli sforzi per superare i propri problemi, per farcela, per riuscirci. Significa aver fede nel corpo perché è la dimora di Dio e fidarsi delle sue sensazioni perché esprimono la nostra verità.
Ho dovuto imparare tutto questo prima di poterlo insegnare ai miei pazienti. E devo continuare a impararlo, perché il mio Io narcisistico tuttora pensa di saperne di più.